I patti parasociali rivestono, all’interno di una Società, un’importanza più centrale di quanto comunemente si pensi.
I due documenti fondamentali e “necessari” – in quanto obbligatoriamente presenti sin dal momento della formale costituzione della società – di ogni compagine societaria, che sanciscono le regole di funzionamento basilari vincolanti per ciascun socio, sono infatti due: l’atto costitutivo e lo statuto.
Mentre il primo rappresenta il certificato di nascita della società, il secondo costituisce il vero e proprio patto sociale tra i soci; è lo statuto infatti a regolare le partecipazioni sociali, id est i diritti e gli obblighi discendenti dal possesso della qualifica di socio.
Possono tuttavia verificarsi alcune particolari necessità tra i soci di sottoscrivere ulteriori convenzioni – i patti parasociali appunto – per regolamentare, integrare o addirittura escludere talune previsioni statutarie applicabili alla generalità dei soci.
Da qui deriva l’estrema importanza dei patti parasociali ed il consiglio di prestare sempre la massima attenzione qualora si decida di sottoscriverli (o NON sottoscriverli).
I patti parasociali: cosa sono ed a cosa servono
I patti parasociali, come abbiamo accennato nell’introduzione, sono veri e propri contratti stipulati tra soci (link interno ad articolo sulla postergazione finanziamenti dei soci, NDR) e finalizzati a regolare le singole posizioni personali all’interno della società.
Nella prassi, in particolare, i patti parasociali vengono stipulati tra soci che non detengono quote di maggioranza, in maniera tale da sommare le quote di ciascuno e “difendere” in tal modo i propri diritti dalla maggioranza societaria.
Attraverso la sottoscrizione di tali accordi è possibile, ad esempio, concordare un indirizzo comune oppure stabilire determinati comportamenti a cui ognuno sarà tenuto (e le eventuali sanzioni a carico dei trasgressori).
E’ questo lo strumento mediante il quale è possibile derogare, in parte o totalmente, rispetto a quanto già previsto a livello statutario, anche per un determinato periodo temporale, allo scadere del quale le previsioni dello statuto riprenderanno pieno vigore.
I sottoscrittori dei patti parasociali possono essere:
- tutti i soci;
- solamente alcuni tra essi;
- eventualmente anche soci e non soci.
Chi è vincolato dai patti parasociali
Abbiamo precisato che si tratta di veri e propri contratti di diritto privato.
Da ciò ne deriva che i patti parasociali, diversamente dai patti sociali, producono effetti solamente tra le parti che li sottoscrivono (c.d. efficacia meramente obbligatoria). Ne consegue, pertanto, che ogni singola decisione assunta in assemblea con il voto favorevole del socio partecipante al patto, pur se tale voto sia contrario al contenuto dell’accordo, resta valido.
Naturalmente, chi viola il patto può poi essere citato in giudizio per ottenere il risarcimento del danno causato agli altri soci.
Contenuto dei patti parasociali
I patti parasociali possono avere il contenuto più vario (purché non contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume) e riguardare posizioni amministrative, diritti patrimoniali o situazioni giuridiche passive.
La legge prevede alcune specifiche ipotesi di patti parasociali, contemplate dall’art. 2341 bis e 2341 ter c.c. introdotti dagli artt. 122 e ss. del TUF (D.Lgs. 58/1998). Si tratta in particolare degli istituti dei sindacati di voto, di blocco e di controllo. Passiamo ad esaminarli nello specifico.
I sindacati di voto
Sono la tipologia più diffusa nella prassi societaria.
I sindacati di voto hanno ad oggetto la regolamentazione dell’esercizio del diritto di voto in sede assembleare, potendo prevedere, a seconda dei casi:
- un mero obbligo di consultazione tra gli aderenti prima dell’espressione di voto
- un vero e proprio vincolo per gli stessi a votare in maniera conforme alla decisione assunta in sede di sindacato.
E’ appunto questo lo strumento attraverso il quale viene raggiunto l’obiettivo, a cui poc’anzi abbiamo accennato, di conferire un’influenza dominante alla volontà di quei soci che, da soli, non avrebbero un “peso” in assemblea sufficiente a farlo.
In merito alla loro validità, occorre premettere che i sindacati di voto possono prevedere due diverse modalità di voto dei soci aderenti: all’unanimità ovvero a maggioranza.
Tuttavia, mentre il voto espresso all’unanimità è pacificamente ammesso dalla giurisprudenza, il voto espresso a maggioranza ha suscitato in passato qualche perplessità. Tanto poiché, secondo i giudici di legittimità, questo tipo di accordo delegittimava, di fatto, l’assemblea dalle proprie competenze funzionali: quella che in assemblea risultava essere formalmente la maggioranza dei soci era in realtà solo la maggioranza dei soci sindacati.
Recentemente, peraltro, si assiste ad una inversione di tendenza. Tali accordi sono oggi ritenuti validi purchènon violativi di norme imperative o inderogabili: al socio, pertanto, non è più precluso predeterminare fuori dall’assemblea come votare in quanto rimane formalmente pur sempre l’assemblea ad assumere le delibere, secondo le maggioranze previste per legge.
I sindacati di blocco
I sindacati di blocco sono quei particolari patti parasociali che pongono delle limitazioni alla circolazione delle azioni, allo scopo di mantenere salda ed omogenea la composizione della compagine sociale.
La loro ammissibilità è ritenuta abbastanza pacificamente in giurisprudenza, ma ad una condizione: che le limitazioni poste contrattualmente alla libera circolabilità delle azioni siano contenute entro un predeterminato lasso di tempo e rispondano ad un apprezzabile interesse per i soci.
I sindacati di concerto
L’ultima tipologia di patti parasociali codificati è quella dei sindacati di concerto. Si tratta di accordi che hanno per oggetto o per effetto l’esercizio, anche congiunto, di un’influenza dominante all’interno della società, non necessariamente esplicata attraverso accordi di voto.
Rientrano in tale categoria, in particolare, quelle ipotesi di accordo con cui vengono determinati tra i soci aderenti gli obiettivi, i programmi o i risultati verso cui intendono indirizzare la società.
In merito alla loro validità, la giurisprudenza maggioritaria ritiene che essa vada determinata caso per caso. Questi patti, infatti, potrebbero celare una illegittima elusione dei criteri legali di ripartizione delle competenze degli organi sociali, espropriando gli amministratori dei poteri gestori che la legge vuole ad essi affidati in favore dei soci aderenti.
Altri patti parasociali non codificati
Accanto ai patti previsti per legge, la prassi degli affari conosce altre tipologie di patti.
Senza alcuna pretesa di completezza, potremmo citare:
- accordi stretti per finalità di tipo finanziario
- accordi cosiddetti di look up, stretti tra offerenti, sponsor e coordinatori di consorzi di collocamento nell’ambito delle procedure di quotazione di azioni su mercati regolamentati
- patti di acquisto, che impongono appunto l’acquisizione di azioni o strumenti finanziari atti ad attribuire facoltà di acquisto e sottoscrizione di azioni per consolidare il potere di controllo in mano ai soci aderenti.
Disciplina dei patti parasociali nelle società quotate
Come abbiamo visto poco sopra, il primo formale riconoscimento della dignità giuridica per i patti parasociali da parte del Legislatore si è avuto con il D. Lgs 58/1998 (cd. Testo unico della Finanza o TUF) inizialmente solo per le società quotate; successivamente, con la riforma societaria che ha introdotto gli artt. 2341 bis e ter, anche per quelle non quotate.
Per le società quotate
Nel primo caso, lo scopo dichiarato è quello di garantire trasparenza ed adeguata pubblicità a tali patti onde consentire agli investitori il necessario grado di informazione sul governo societario ed orientare le proprie determinazioni.
A tale scopo, per le società quotate la legge impone precisi obblighi:
- preventiva comunicazione del patto alla Consob
- pubblicazione per estratto sulla stampa quotidiana
- deposito del testo dell’accordo presso il competente Ufficio di Registro delle Imprese
- nullità del patto in caso di mancata osservanza degli obblighi di trasparenza innanzi citati, oltre ad impossibilità di esercitare il diritto di voto relativo a titoli azionari per i quali non vi sia stato il rispetto delle norme.
In merito alla durata, sono considerati validi i patti che non prevedano un termine, purchè sia consentito in tal caso il recesso con preavviso di 6 mesi.
Per le società non quotate
Per le società non quotate è previsto invece un sistema di pubblicità dei patti solo nel caso in cui si faccia ricorso al mercato del capitale di rischio: i patti dovranno in tal caso essere sempre comunicati alla società e dichiarati in apertura di ogni assemblea. Ove tale dichiarazione manchi, i possessori delle azioni sindacate non possono esercitare diritto di voto, e l’eventuale delibera assunta sarà impugnabile ai sensi dell’art. 2377 c.c.
L’informazione obbligatoria ha per oggetto, come per le società quotate il contenuto dei patti e si pone l’obiettivo di tutelare interessi generali, in primis l’esigenza di tutela della governance societaria.